Resoconto di viaggio: Dettagli
Titolo:
Tipo Viaggio: Aereo
 
Tipologia: Individuale
Partenza da:  
Continente: Europa
Paese: Italia
Regione: Lombardia
Provincia: Brescia
Località: Brescia
 
Destinazione:
Continente: America del Nord
Paese: Messico
Regione: -
Provincia: -
Località: -
Durata e sistemazione:
Giorni: 9 Notti: 7 Categoria: Trattamento:
Descrizione Resoconto:
Mare, spiagge caraibiche e tanta storia...

Yucatàn – la riviera Maya

di Giorgio Baruffi


 

 

Lo Yucatàn è uno degli stati più tranquilli e sicuri di tutto il Messico e gode di un clima che lo rende molto simile a Cuba o alla Florida, il turismo che ormai impera anche qui ha fatto si che la zona, in particolare la Riviera Maya, sia un luogo dove passare qualche giorno godendo di ciò che offre in tutta serenità, ed è molto.

 

Certamente la città più conosciuta è Cancùn, punto di arrivo per le visite in questa regione poiché dotata di un moderno aereoporto. Fino al 1970 Cancún era un'isola deserta e poche persone ne conoscevano l’esistenza. Situata nella regione più dimenticata dei Caraibi messicani, era formata da una duna a forma di sette, con alcuni tratti larghi solo 20 m, separata dalla terraferma da due stretti canali che collegavano il mare con un ampio sistema di lagune. Le rive erano coperte da pantani ed in generale circondate da mangrovie, selva vergine e spiagge inesplorate. Nata come progetto turistico interamente pianificato, col passare di pochissimi decenni si è trasformata in una vera e propria città.

 

La meravigliosa giungla verde, che s’inizia a vedere sorvolando la penisola durante l’atterraggio, riempie gli occhi di colori vividi e indescrivibili e il mare turchese lambisce bianchissime spiagge di sabbia fine, la cui bellezza e tranquillità conquistano anche i cuori dei più avventurosi. Nelle cittadine e nei villaggi si respirano i profumi di questa terra magica, dove le tradizioni antiche sono ancora molto sentite e rispettate, mentre nei siti archeologici si percepisce la grandezza del popolo Maya espressa attraverso le invenzioni architettoniche, gli studi astronomici e l'affascinante cultura antica.

 

La gente dello Yucatàn, che sovente è definita povera dai commenti troppo superficiali di noi occidentali, è ricca di una serafica felicità imperscrutabile per la gran parte delle persone, la si può tangibilmente afferrare parlando con loro, cercando di vivere il più possibile a contatto con le persone che, come turisti, ci circondano quotidianamente in albergo o presso i siti archeologici.

Sono passati più di mille anni da quando i nobili Maya abitavano i lussuosi palazzi e i templi lividi di colore, sottomettendo una popolazione contadina ossequiosa che lavorava quasi unicamente per soddisfare la domanda dei propri governanti. Le loro vivaci città sono state in parte recuperate dalla giungla che le aveva fagocitate riprendendosi gli spazi a lei destinati, ma moltissimo c’è ancora da scoprire in questo paese, sia a livello di strutture ancora nascoste dalla vegetazione che a livello storico, e ogni nuova scoperta porta preziose informazioni che rendono la loro storia, oggi, ancora tutta da scrivere e per questo suscettibile a continue modificazioni.

Gli abitanti di questa regione sono persone buone, tranquille, ospitali e con radici molto salde legate alle tradizioni della civiltà dalla quale discendono, i Maya. Queste tradizioni si sposano felicemente con la religione cristiano-cattolica, seguita e praticata da più del 90% della popolazione attuale in maniera molto profonda e sentita.

 

I Maya non sono per nulla scomparsi a differenza delle loro città e delle loro costruzioni, adesso si contano circa due milioni di persone in tutto il Messico e in parte dell’America Centrale, discendenti dirette degli antichi abitanti di queste regioni, esse formano diversi gruppi, culturalmente differenti, divise per località e cultura locale, sono anche divise dalle circa ventiquattro lingue indigene parlate in tutto il Mondo Maya. Tuttavia, questi moderni Maya sono uniti dalle pratiche culturali e religiose che li legano al passato.

 

Molti di loro sono abilissimi artigiani che popolano i vari mercatini, nelle cittadine come nei siti archeologici, ci si sofferma davvero con piacere a chiacchierare con loro e si comprende come il lavoro, eseguito ancora con l'uso degli strumenti utilizzati dai loro antenati, sia davvero fatto col cuore (oltre che per sfamare le famiglie, spesso numerose). Mai insistenti, mai scortesi, ti propongono le loro realizzazioni con estrema gentilezza, è un piacere fare qualche acquisto. La maggior parte di loro, ove non impegnati con occupazioni legate al turismo, ancora in pieno sviluppo, si guadagna da vivere facendo i contadini, senza però utilizzare la moderna tecnologia.

 

La cultura e la tradizione Maya dunque, pur essendo propagandate e ostentate oggi anche a fini turistici, conservano comunque un cuore autentico che pulsa nei villaggi colorati, sui volti della gente tra i chioschi dei mercati e che si può notare sugli ampi sorrisi con i quali accolgono gli stranieri.

 

Soffermandosi poi nei piccolissimi centri abitati di cui è colma la giungla (cosa che consiglio caldamente di fare), frotte di bambini scalzi corrono incontro ai turisti giocando e ridendo con l’aria, sanno che la vita è la cosa più bella che abbiano e sorridono, sempre, a chiunque.

 

Le Spiagge


 

Fuori Cancún si allunga la Costa Azzurra messicana, la Riviera Maya: 135 chilometri di costa, il mare a sinistra e la giungla a destra, e in mezzo una strada che punta decisa a sud, la carretera 307. Basta qualche chilometro per dimenticare gli alberghi stile tempio maya e la vegetazione addomesticata di Cancún e infilarsi in una rete di sentieri, nascosti dalla foresta, che portano a baie ancora selvagge.

Queste lunghe spiagge bianche, contornate da rigogliosi palmeti, permettono agli amanti della abbronzatura di godere della loro bellezza in estrema tranquillità, magari sorseggiandosi una tequila od un mohito serviti dai piccoli chioschi presenti in alcune spiagge.

Chi invece volesse approfittare della meravigliosa barriera corallina, potrà affidarsi alle guide locali che, per mezzo di coloratissime imbarcazioni, sarà portato nei pressi di una barriera corallina considerata seconda solo a quella australiana.

 

Centro Ecologico Akumal

 

Akumal è un piccolo centro che dista qualche chilometro da Tulum; qui ogni anno le grandi tartarughe marine decidono di deporvi le loro uova. Meraviglioso poter fare il bagno in compagnia di questi splendidi esemplari che, nelle acque di Akumal vengono anche per rifocillarsi, curate dagli operatori del centro ecologico.

 

I siti archeologici

Chichén Itzá: alla bocca del pozzo degli Itza


 

Il nome Chichén Itzá deriva dalle parole chi ("bocca") e ch'en ("pozzo"), e significa letteralmente "Alla bocca del pozzo degli Itza". Gli Itza erano un gruppo etnico che aveva una posizione politica ed economica predominante nella parte settentrionale dello Yucatan. A sua volta, il nome "Itza" viene in genere ricondotto a itz ("magia") e (h)á ("acqua"), e tradotto in "maghi" (o "streghe") "dell'acqua".

 

 Chichén Itzá è un importante complesso archeologico Maya situato nel Messico, nel nord della penisola dello Yucatan. Le rovine, che si estendono su un'area di 3 km2, appartenevano a una grande città che fu uno dei più importanti centri della regione intorno al periodo epiclassico della civiltà maya, fra il VI e l'XI secolo. Il sito comprende numerosi edifici, rappresentativi di diversi stili architettonici; fra i più celebri si possono indicare la piramide di Kukulkan (nota come El Castillo), l'osservatorio astronomico (il Caracol) e il Tempio dei guerrieri. Il sito di Chichén Itzá è stato dichiarato patrimonio dell'umanità UNESCO nel 1988.

 

A nord del complesso de Las Monjas si trova un edificio rotondo posto sopra una larga piattaforma quadrata, soprannominato El Caracol, la chiocciola, (sopra) dalla scala di pietra a spirale presente al suo interno. Questa struttura era un osservatorio astronomico, con le porte allineate con la posizione del sole all'equinozio di primavera, con i punti delle massime declinazioni nord e sud della luna e altri eventi astronomici sacri a Kukulkan, il serpente piumato dio del vento e della conoscenza.

 

I Maya determinavano il momento dei solstizi per mezzo delle ombre proiettate dal sole all'interno della struttura. Ai margini di El Caracol sono poste delle ampie coppe di pietra che venivano riempite d'acqua. L'osservazione delle stelle che vi si riflettevano aiutava gli astronomi Maya a determinare il loro complesso, ma estremamente preciso calendario.

 

Il centro di Chichén Itzá è dominato dal tempio di Kukulkan (nome Maya di Quetzalcoatl), chiamato anche El Castillo (sopra). Fu costruito dalla Civiltà Maya in un periodo compreso tra l'XI ed il XIII secolo; si tratta di una delle più famose piramidi a gradoni precolombiane del Messico, con scalinate che corrono lungo i quattro lati fino alla sommità.

 

Agli equinozi di primavera e d'autunno, al calare e al sorgere del sole, gli angoli della piramide proiettano un'ombra a forma di serpente piumato, Kukulkan appunto, lungo la scalinata nord.

 

Gli archeologi hanno identificato a Chichén Itzá sette campi per il gioco della palla, il maggiore dei quali è situato circa 150 metri a nord-ovest del Castillo. Si tratta del più grande campo per il gioco della palla di tutta la mesoamerica, lungo 166 metri e largo 68 (sopra). Le mura che chiudono i lati lunghi sono alte 12 metri e sorreggono al centro anelli di pietra intagliata con figure di serpenti intrecciati.

 

Il Cenote Sagrado è il più famoso e più grande dei due presenti a Chichenitza. Secondo le fonti post- conquista, sia Maya che spagnole, i Maya precolombiani compivano sacrifici al dio della pioggia Chaac, gettando nel cenote sia manufatti che esseri umani. Il console statunitense Edward Herbert Thompson dragò il cenote negli anni tra il 1904 e il 1910, portando alla luce manufatti d'oro, di giada e di ceramica, così come resti umani con ferite compatibili con l'ipotesi dei sacrifici.

 

Il complesso del Tempio dei Guerrieri (sopra) consiste in una larga piramide a gradoni, con file di colonne intagliate raffiguranti guerrieri nella parte antistante e sui lati. Il complesso è simile al tempio B della capitale tolteca di Tula, evidenza di contatti culturali tra le due regioni.

Quello di Chichén Itzá è peraltro di dimensioni maggiori. Alla sommità della scala in cima alla piramide, indicante l'entrata al tempio, è posta una statua Chac Mool. Adiacente il tempio c'è una larga piazza circondata da pilastri, chiamata Il grande mercato.

 

Cobà

 

Secondo un racconto del folklore maya, Cobá era unita a Chichén Itzá, ad Uxmal ed a Tulum mediante la "cuxan san", la "strada sospesa nel cielo", la "corda vivente" ("cuxan" = vivente, "san" = corda). Al di là delle leggende, esistevano qui numerosi "sacheob", strade pavimentate rialzate che non avevano solo una funzione cerimoniale all'interno delle città, ma le mettevano in collegamento tra di loro. Una di queste strade, quasi perfettamente rettilinea, è lunga quasi cento chilometri e collega la base della Grande Piramide, o "Nohoc Mul", all'insediamento maya di Yaxuna: è stata interamente esplorata e descritta in un opuscolo del 1934.

 

Cobá doveva essere una delle più importanti città maya, se le sue rovine si estendono su una superficie di una settantina di chilometri quadrati, per la massima parte ancora inesplorate, e gli archeologi valutano che siano circa 6.500 le strutture da scavare, studiare e restaurare.

 

Cenote


 

La penisola dello Yucatan è caratterizzata dalla completa assenza di corsi d'acqua superficiali, eppure poche altre aree al mondo possono vantare una presenza d'acqua altrettanto massiccia e diffusa. L'acqua dei Cenotes è di fatto l'unica fonte di approvvigionamento idrico e, come è facile immaginare, per gli antichi Maya, erano luoghi sacri.

 

I Cenotes sono effettivamente le "porte di accesso" a questo invisibile mondo d'acqua, nella lingua Maya cenote o Dzonot significa "occhio nella terra" o "pozzo", all'epoca dei Maya, molte volte di numerose grotte erano crollate, aprendo appunto dei pozzi sui corsi d'acqua sotterranei.

 

Per gli antichi Maya il cenote non era solamente una fonte d'acqua, ma anche scenario di cerimonie religiose; secondo la tradizione l'acqua di questi pozzi era considerata "vergine e pura" perché non era esposta alla luce. Per onorare gli dèi della Pioggia e dell'Acqua, nei pozzi, venivano gettate offerte di ogni tipo, da statue di legno a gioielli di giada e oro, da animali a esseri umani destinati al sacrificio.

 

Antiche usanze Maya si tengono ancora oggi, come quella di accogliere gli ospiti bruciando una specie di incenso.

 

Tulum

 

A circa 60 - 70 kb a sud di Playa del Carmen si trova il sito archeologico di Tulum, il più importante tra i centri maya che punteggiano la costa orientale della penisola dello Yucatan. Il sito archeologico vale la pena di essere visitato se non altro per spettacolare posizione a picco sul Mar dei Caribi, con gli edifici in pietra che spiccano sul verde delle palme, sul candore della sabbia corallina e sulla distesa turchese delle acque.

 

La favorevole posizione geografica collocava Tulum sull'asse commerciale che congiungeva l'Altopiano messicano e l'America centrale. Il Castillo posto in alto e ben visibile dal mare ha fatto sì che Tulum fosse la prima città ad essere avvistata dagli spagnoli. Il 3 marzo 1517 tre vascelli spagnoli giunsero nei pressi della città e vennero raggiunti da alcune piroghe maya.

 

Tulum fu teatro di un primo scontro tra maya e invasori, avvenuto allo sbarco degli europei e risoltosi a favore degli invasori.

 

 

Messico & Nuvole cantava qualcuno che ora non ricordo, vero, il clima di questo paese, in particolar modo della regione dello Yucatàn è proprio caraibico, quando si esce di casa si è perfettamente a conoscenza che si rientrerà bagnati, o dalla pioggia o dall’umidità sempre presenti, ma è un paese davvero meraviglioso.

 

E con questo concludo la visita nello Yucatàn, augurandomi che vi sia piaciuto l’articolo ed augurandovi di poterlo visitare, è una meta che non vi lascerà indifferenti, ne sono certo.

 

 


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GIORGIO BARUFFI
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